“Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato”. Sono le parole di Papa Francesco che martedì scorso, festa dell’Immacolata Concezione, ha aperto ufficialmente a Roma il Giubileo della Misericordia. Cinquant’anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, quindici dall’ultimo Anno Santo presieduto da Papa Wojtyla, l’appuntamento voluto da Bergoglio in realtà è iniziato il 29 novembre, a sorpresa, in un luogo significativo: Bangui, nella Repubblica Centrafricana.

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Quello appena cominciato è uno degli “Anni Santi” straordinari che talvolta i Pontefici hanno deciso di proclamare. Come Giovanni Paolo II, che lo indisse nel 1983, in occasione del 1950º anniversario della Morte e Risurrezione di Cristo. L’evento avvenuto qualche giorno fa nella capitale ha visto anche la partecipazione di Benedetto XVI. La presenza contemporanea di due Papi rimarrà senza dubbio nella storia della Chiesa. Il giubileo cristiano, lontano parente di quello ebraico, compare in Europa alla fine del XIII secolo d.C. rappresentando l’anno della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione. Nel Nuovo Testamento Gesù si mostra come colui che porta a compimento l’antico giubileo, essendo venuto a “predicare l’anno di grazia del Signore”.

Nella tradizione millenaria della comunità ecclesiale il Giubileo di Francesco presenta un ulteriore elemento di novità: per la prima volta una delle Porte Sante non sarà situata in una Cattedrale. Lo stesso Santo Padre, infatti, ne aprirà una nei pressi della stazione Termini di Roma e più precisamente presso l’Ostello don Luigi Di Liegro e la Mensa San Giovanni Paolo II, due strutture di accoglienza nuovamente inaugurate dopo i lavori di ristrutturazione durati cinque anni. “Questa, come le altre Porte, hanno senso – ha sottolineato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei – solo nella misura in cui riproducono l’atteggiamento di accoglienza, di condivisione, di solidarietà, di attenzione”.

Il gesto permette di riscoprire e approfondire il termine “Misericordia” invitando i cristiani e tutte le persone di buona volontà a “farsi porta” di ascolto e servizio nella relazione con i più poveri. Il Giubileo, allora, diviene l’orizzonte ideale e finale del progetto del Creatore che desidera per l’uomo un mondo di libertà, verità e amore dove trionfa il Regno di Dio, che si attua quando la giustizia divina prevale sull’ingiustizia umana. L’auspicio è che questo Giubileo, come affermato dal Papa, permetta di fare viva esperienza della tenerezza del Padre e di ricevere la grazia del perdono per testimoniare, in parole e opere, il volto della Sua misericordia.

Articolo di don Aldo pubblicato nella rubrica Si salvi chi può del Corriere Adriatico il 13 dicembre 2015.