Tutto è iniziato il 29 novembre dell’anno scorso in un posto sperduto, a Bangui, nella Repubblica Centrafricana. È lì, in un luogo rappresentativo delle periferie del mondo, che Papa Francesco ha aperto a sorpresa la prima Porta Santa. L’ultima, invece, a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, si chiude questa domenica, solennità di Cristo Re dell’Universo e fine dell’anno liturgico. Oggi giunge a compimento quello straordinario cammino iniziato l’8 dicembre 2015, giorno dell’Immacolata Concezione della Vergine, cinquant’anni dopo il Concilio Vaticano II.
Durante la solenne Messa nella basilica di San Pietro il Papa si inginocchia sulla soglia, prega in silenzio e infine, dopo aver chiuso i battenti, si avvia all’altare per la celebrazione. Ieri abbiamo assistito a un altro importante evento per l’intera comunità ecclesiale: il terzo Concistoro convocato dall’attuale vescovo di Roma per la creazione di 17 nuovi cardinali. Tra i porporati, provenienti da 11 Paesi, hanno fatto il loro ingresso nel Collegio cardinalizio i rappresentanti di 4 Nazioni: Bangladesh, Isole Mauritius, Repubblica Centrafricana e Papua Nuova Guinea. Il più anziano è l’88enne don Ernest Simoni, sacerdote albanese sopravvissuto alla durissima persecuzione del regime comunista di Enver Hoxha.
La sala stampa vaticana ha reso noto che il Santo Padre, come atto conclusivo del Giubileo, domani pubblicherà una lettera apostolica intitolata “Misericordia et Misera”. Il documento, che sarà presentato da monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, prende spunto dal commento di Sant’Agostino sull’episodio evangelico dell’incontro tra Gesù e l’adultera. Infatti, l’illustre dottore della Chiesa, spiegando l’allontanamento di scribi e farisei dallo scenario della lapidazione, ha scritto: “Rimasero in due, la misera e la misericordia”. Anche l’Anno Santo del 2000 indetto da Karol Wojtyla era stato chiuso con una lettera apostolica dal tema “Novo millennio ineunte”. Il Giubileo della Misericordia, che ha visto la presenza contemporanea di due Papi e oltre venti milioni di pellegrini convenuti a Roma, passerà alla storia per le tante novità introdotte.
“Non ho fatto un piano – ha ammesso candidamente il successore di Pietro –. Le cose sono venute. Semplicemente mi sono lasciato andare allo Spirito. La Chiesa è il Vangelo, non è un cammino di idee”. Tra le iniziative più rivoluzionarie le innumerevoli Porte Sante che si sono aperte ovunque, nelle singole diocesi, e anche in luoghi diversi dalle cattedrali. Come quelle situate in due strutture di accoglienza della capitale: l’Ostello don Luigi Di Liegro – nei pressi della stazione Termini – e la Mensa San Giovanni Paolo II in via Marsala. Altri elementi distintivi e caratterizzanti di questo Giubileo sono stati i gesti che Papa Francesco ha compiuto nei “venerdì della misericordia”: dall’incontro coi profughi nell’isola di Lesbo a quello coi neonati del Reparto di neonatologia; dai momenti vissuti con malati, disabili e anziani a quelli con le ragazze liberate dalla schiavitù della prostituzione che ho avuto la gioia di accompagnare; dalla visita ai giovani della comunità terapeutica all’abbraccio con i sacerdoti che hanno lasciato il ministero.
Un’altra idea del tutto innovativa è stata la nomina dei “Missionari della Misericordia”, ossia di presbiteri chiamati ad assolvere anche i peccati il cui perdono è riservato al Santo Padre. In un momento di così forte insicurezza e precarietà il Giubileo è stato un segno di speranza perché ha fornito la certezza che Dio viene incontro e non abbandona mai l’uomo. “Spesso – ha osservato il Pontefice – sono le persone più vicine a noi che hanno bisogno del nostro aiuto. Non dobbiamo andare alla ricerca di chissà quali imprese da realizzare. È meglio iniziare da quelle più semplici, che il Signore ci indica come le più urgenti. In un mondo purtroppo colpito dal virus dell’indifferenza, le opere di misericordia sono il miglior antidoto”. Ora che le Porte sono chiuse si sente ancora più forte l’invito a diventare autentici testimoni di una Chiesa in uscita, se non si vuole rimanere murati vivi all’interno di false e illusorie certezze.
Articolo apparso sul Corriere Adriatico del 20 novembre 2016.