“Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale” è il tema della 48esima edizione della Settimana sociale dei cattolici italiani, iniziata giovedì scorso a Cagliari. Al significativo appuntamento, che si conclude oggi, hanno partecipato numerose personalità: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Paolo Gentiloni e, tramite un videomessaggio, anche Papa Francesco. Tre gli obiettivi principali che si è posto il Comitato organizzatore della manifestazione: denunciare le situazioni di sfruttamento, illegalità, insicurezza, disoccupazione; far conoscere le buone pratiche; costruire alcune proposte da presentare sul piano istituzionale. Particolarmente sentito è stato l’intervento del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha osservato come “il tempo delle chiacchiere” sia ormai finito.
“Non basta stare alla finestra e fare l’analisi dei fenomeni – ha spiegato – questo è tempo che tutti, noi Chiesa per primi, ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo al servizio dell’uomo”. Infatti, ha ricordato il Pontefice, “prima di tutto c’è il bene della persona” e “senza lavoro non c’è dignità”. In questo periodo la Chiesa sta vivendo altri momenti importanti come la festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti che saranno celebrate nei primi due giorni di novembre. Sono queste occasioni che aiutano i credenti a orientarsi verso l’amore vero e a riflettere sul mistero della morte, nella prospettiva della Resurrezione intesa come nascita all’immortalità. Il Cristianesimo annovera un’enorme schiera di persone speciali, piene di fede, che hanno fornito dei modelli concreti da seguire e imitare per costruire il Regno di Dio su questa Terra. I santi sono uomini come noi che, dopo un cammino di conversione, hanno mostrato la vittoria della carità e della speranza sull’egoismo e la morte. Uomini e donne che hanno amato il Creatore e le creature in modo incredibile divenendo un punto di riferimento per tanta gente! Il loro abito quotidiano è stato l’amore di Gesù, “quell’amore folle che ci ha amati fino alla fine”, come affermato dal Santo Padre.
Sarebbe davvero apprezzabile rievocare le vite dei santi, parlarne con entusiasmo ai giovani, esaltare il bene che hanno compiuto… Ad esempio si potrebbe approfondire, a 10 anni dalla sua scomparsa, la figura del Servo di Dio don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, una realtà diffusa in tutto il globo e schierata dalla parte dei poveri, quelli che non hanno voce e quasi chiedono scusa di esistere. Le sfide del “prete dalla tonaca lisa” sono più vive che mai, così come le sue parole, attuali e rivoluzionarie. Certamente molti tra educatori, insegnanti, catechisti, genitori, religiosi e sacerdoti dovrebbero interrogarsi se riescono a infondere passione per questa sana cultura della bellezza della vita o se, restando in silenzio, non siano complici di un mondo che vuole imporre sempre più l’assenza di Dio. Un’altra eredità della Chiesa, ricca di valori ma spesso trascurata, è quella legata alla memoria di coloro che ci hanno preceduto in cielo. Una riflessione sul mistero della morte può essere sviluppata con serenità solo alla luce della fede, soprattutto in una società dove qualunque evento tragico è raccontato, svenduto e spettacolarizzato dai mass media e deriso da ricorrenze come Halloween.
Il rischio dell’uomo del nostro tempo è di allontanare il pensiero della morte, facendo finta che non esista, non comprendendo che è proprio da essa che si parte per dare un significato alla vita. La fine del percorso terreno è una realtà capace di far maturare l’uomo, rendendolo maggiormente consapevole dei suoi limiti e invitandolo a un’esistenza più onesta e responsabile. Invece molti considerano la morte come il peggiore dei mali, un ritorno al nulla tanto caro ai fautori del nichilismo, corrente di pensiero sempre presente nella nostra epoca. Nel guardare alla vita eterna l’essere umano impara ad amare la storia e il presente intuendo anche perché Dio abbia creato la morte: ha reso libero l’uomo dall’insano desiderio di onnipotenza di voler essere come lui.
Articolo di don Aldo pubblicato sul quotidiano Corriere Adriatico.