Il rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente. La posizione della Chiesa su unioni civili, utero in affitto e gender. Il dramma dei 200 milioni di cristiani perseguitati e l’accoglienza dell’Europa ai migranti. Il problema della denatalità e quello della disoccupazione. Sono questi alcuni dei temi affrontati dalla 69esima Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana che si è conclusa in Vaticano nei giorni scorsi. Nel suo intervento il presidente della Cei, cardinal Bagnasco, ha denotato come le parole del Papa sul gender e sul diritto di ogni bambino a crescere in una famiglia con una mamma e un papà passino costantemente sotto silenzio. Un altro aspetto per certi versi incomprensibile è la grande energia profusa per le unioni civili quando in Italia sono in agenda questioni ben più urgenti.
Secondo il porporato, sebbene la legge non sancisca “un’equiparazione al matrimonio e alla famiglia”, di fatto “le differenze sono solo dei piccoli espedienti nominalisti, o degli artifici giuridici facilmente aggirabili, in attesa del colpo finale – così già si dice pubblicamente – compresa anche la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà”. Ripercorrendo poi la recente visita del Pontefice nell’isola di Lesbo è giunto forte l’invito all’Europa affinché ritrovi la sua anima accogliente nei confronti degli immigrati e “così l’amore di ‘popoli e nazioni’”. In Italia, nonostante l’encomiabile lavoro del volontariato per le persone in difficoltà, si evidenziano numerose criticità. I poveri, nel nostro Paese, sono diventati ben 4 milioni, il 6,8% dell’intera popolazione. Una nuova categoria di “ultimi” è ora quella delle giovani generazioni con una disoccupazione fra i 15 e i 24 anni salita al 40% contro il 22% della media europea.
Uno dei quesiti ai quali la Cei ha cercato di rispondere è come possa la Chiesa agire concretamente dinanzi a tali situazioni. Il sacerdote, senza dubbio, ha un ruolo chiave rappresentando spesso un punto di riferimento culturale e di socializzazione in realtà troppo spesso colpevolmente abbandonate dalla collettività e dalle istituzioni. Egli, come delineato da Papa Bergoglio all’apertura dei lavori, “cammina con il cuore e il passo dei poveri” e “non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano”, consapevole di essere lui stesso “un paralitico guarito”.
Inoltre si fa prossimo di ognuno, “non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza”. Alla Chiesa non mancano proprio esempi illustri da seguire. Penso a uno di loro, il servo di Dio don Oreste Benzi, che ho avuto il dono di accompagnare per oltre dodici anni. Col suo patrimonio di Vangelo vivente e incarnato nella storia il sacerdote riminese ha mostrato che con fede e carità è possibile risollevare dalla miseria e rigenerare il cuore di tanti uomini.
Articolo di don Aldo pubblicato nella rubrica “Si salvi chi può” del Corriere Adriatico del 22 maggio 2016.