Con la scintillante cerimonia inaugurale di venerdì notte si è aperta ufficialmente a Rio de Janeiro la trentunesima edizione dei Giochi Olimpici. Nel lungo corteo iniziale i milioni di spettatori sono rimasti colpiti da una novità assoluta: la prima squadra di rifugiati delle Olimpiadi riunita sotto la bandiera del Cio. Dieci atleti – 6 uomini e 4 donne provenienti da Sudan, Siria, Congo ed Etiopia – che rappresentano un segnale di speranza per i profughi di tutte le latitudini.
Nel gruppo c’era anche la 18enne nuotatrice Yusra Mardini, profuga a Lesbo, che ha salvato decine di persone spingendo il gommone con la sorella fino a riva. A loro Papa Francesco ha indirizzato una breve e commovente lettera. “Che il coraggio e la forza che portate dentro – ha scritto – possano esprimere attraverso i Giochi Olimpici, un grido di fratellanza e di pace. Che, tramite voi tutti, l’umanità comprenda che la pace è possibile, che con la pace tutto si può guadagnare; invece con la guerra tutto si può perdere”. Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale, ha affermato che Rio è una risposta a “un mondo dove l’egoismo guadagna terreno, dove certe persone si sentono superiori alle altre”.
Come accade in ogni grande manifestazione non sono mancati scandali, polemiche e anche qualche allarme. Dall’esclusione di ben 181 sportivi russi risultati positivi al test antidoping, alle controversie sui progetti realizzati per i Giochi che hanno sforato il budget o sono stati trascurati; dai rapporti delle Ong che hanno ribadito le realtà degradate delle favelas e la piaga dello sfruttamento sessuale dei bambini, agli arresti di potenziali kamikaze dell’Isis in alcune zone di San Paolo e Rio. Sul fronte della sicurezza la Nazione sudamericana ha impiegato molte risorse – circa 88mila tra soldati e agenti di polizia – considerata anche la violenza che attanaglia il Paese. Secondo una commissione d’inchiesta, infatti, nel 2013 vi sono state 60mila uccisioni e si contano addirittura 29 omicidi di adolescenti ogni giorno.
Terra dalle inestimabili bellezze naturali e dalle enormi disparità tra ricchi e poveri, il Brasile sta vivendo una fase difficile anche dal punto di vista finanziario. La classe politica, in aggiunta, è stata fortemente coinvolta dalla corruzione, con la stessa Dilma Rousseff sospesa dalla carica di presidente e in attesa del processo di impeachment. Dinanzi a una tale situazione i Giochi Olimpici, sulla carta, potrebbero essere l’occasione per dare nuova linfa vitale a uno Stato e a un’economia in stallo. In generale ogni raduno sportivo, locale o globale, può diventare un valido strumento per abbattere barriere geografiche, culturali, razziali rimanendo libero dagli intrallazzi economici degli sponsorizzatori e dalle solite multinazionali che speculano sui grandi eventi, indifferenti alle reali necessità della gente.
A livello individuale le discipline sportive hanno una forte valenza educativa fornendo la possibilità di sviluppare talento e creatività oltre a insegnare il senso della solidarietà, delle regole e del sacrificio. Per questo è fondamentale che anche i campioni trasmettano, con le loro condotte di vita, a tutti, e in particolare alle giovani generazioni, principi positivi mantenendo lo spirito originario fatto di vivacità, passione e divertimento. È altrettanto importante la presenza di persone che si adoperino con generosità per ridare il giusto slancio ad attività che dovrebbero essere scuola di virtù e vita. Se praticato nel pieno rispetto delle regole, dei contendenti, della posta in palio, e soprattutto se rimane davvero un gioco, lo sport fa bene al corpo e alla mente; inoltre è un mezzo per diffondere valori umani e spirituali in un mondo che spesso stenta enormemente a ritrovare se stesso.
La speranza, come auspicato dal Pontefice, è che sia accessibile, nella gratuità, anche alle fasce più deboli della collettività e sia “inclusivo delle persone con diverse disabilità, degli stranieri, di chi vive nelle periferie e ha bisogno di spazi di incontro, socialità, condivisione e gioco”.
Articolo di don Aldo Buonaiuto pubblicato sul Corriere Adriatico del 7 agosto 2016.