«Solo cose belle» racconta la vita in una casa famiglia che il regista ha gestito veramente. «La bellezza», dice «è anche fatica, la felicità non è sempre un regalo e a volte passa attraverso le lacrime»

Kristian Gianfreda ha vissuto per quattro anni, come responsabile, in una casa di accoglienza per senzatetto della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da qui è cominciato il suo lavoro su questi temi. Ha fatto spot, documentari e video sull’emarginazione, sul mondo dell’associazionismo e sulle Ong. Ora è il regista di un film che racconta la vita in una casa famiglia. Si intitola Solo cose belle.

«Ho cercato di promuovere come potevo la forza e la bellezza che ho incontrato in questo mondo» spiega, ricordando bene che non tutti sanno che cosa è una casa famiglia, «quel luogo», spiega il regista, «in cui gli “sbagliati” e i “superflui” di questa società trovano possibilità e occasioni».

Il film è ispirato all’opera di Don Oreste Benzi e parla del valore della diversità raccontando, in una commedia corale, l’incontro tra gli abitanti di un piccolo paese dell’entroterra romagnolo e la realtà di una casa famiglia. Ci sono attori professionisti, esordienti e persone appartenenti alle case: un richiedente asilo, un ex carcerato di cui si innamorerà la figlia del sindaco del paese, una ex prostituta, due ragazzi disabili.

«La prima volta che sono entrato in una casa famiglia», continua il regista, «è stata per me la scoperta di un universo. C’erano persone povere, con gravi disabilità, in grande difficoltà ed erano felici. Non riuscivo a spiegarmi come potessero essere più felici di me. Io li immaginavo come degli infelici e non era così».

«Ognuno ha diritto a una famiglia», diceva don Oreste Benzi ed è su questo concetto che è nata, nel 1973, la prima casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Nei nuclei solidali fondati dal sacerdote romagnolo chi guida la casa, mamma e papà, si prende cura di disabili, anziani, ex prostitute, persone sole.

Alla presentazione in Senato don Aldo Buonaiuto, che per anni ha lavorato con Don Benzi ha spiegato che «la prima fu aperta a Coriano di Rimini, ed era riservata ad alcuni adulti con problemi psichiatrici in stato di abbandono. L’esperienza funzionò e si diffuse a macchia d’olio, prima in Italia e poi all’estero. L’idea era quella di condividere la vita con gli ultimi e i bisognosi, con coloro di cui, come diceva don Oreste, non si innamora nessuno». [ … ]

Fonte : www.vanityfair.it