Sara Di Pietrantonio era una ragazza di appena ventidue anni, bruciata viva dalla furia omicida di un ex-fidanzato di ventisette anni accecato dall’ira e da una mostruosità inaudita. “In qualche modo te la farò pagare”, aveva detto alla giovane dopo che l’aveva vista baciarsi col nuovo innamorato. Dalle ultime indagini, inoltre, risulta che pochi giorni prima del delitto il killer – che ha fornito agli inquirenti differenti versioni dell’accaduto imputando tale atteggiamento all’uso di cannabis – aveva già assalito la malcapitata afferrandola per un braccio e intimandole di salire in auto per parlare.
Come si può dire di amare o aver amato una persona e poi senza pietà torturarla bruciandola viva mentre implora aiuto? Questi casi, che si ripetono sempre più spesso, sono più che diabolici e senza senso. Non c’è vendetta, né gelosie, né altri motivi che possano giustificare la violenza e l’aggressione, figuriamoci la tortura. Purtroppo con questa giustizia italiana vedremo ancora una volta l’assassino finire presto la sua pena e magari, con l’attuale sistema carcerario, uscire un giorno senza neanche aver compreso la gravità del male compiuto. Le vite di tante giovani donne vengono distrutte e cancellate per sempre, molte restano invisibili, specialmente se provenienti dal giro della prostituzione. Ciò che più ci lascia basiti in questa particolare vicenda, è l’indifferenza degli automobilisti passati dinanzi a Sara mentre gridava aiuto.
Nessuno si è fermato… non hanno neanche chiamato per chiedere soccorso. Sembra che l’esistenza umana abbia perso del tutto il suo valore e con la rabbia nel sangue si possa arrivare a desiderare il peggiore dei mali, la morte. Non basta più inorridirsi, è necessaria una revisione profonda di tutta la società, un fermarsi seriamente guardandosi dentro, senza discolparsi come se ognuno fosse sempre assente e intoccabile. Questa tendenza a fare gli spettatori dell’horror altrui non ci vedrà mai uniti nel lottare per una fondamentale sostituzione dell’attuale sistema di valori deformati. L’uomo, però, sembra non avere più dentro di sé quegli anticorpi dell’autocritica, la capacità di sentire una coscienza civica dove nell’altro si fonda il bene comune.
Gli spazi della comunicazione sono tutti occupati dalle frottole e dalle chiacchierate inutili dove il dialogo è improponibile e il mettersi in discussione un’assurdità. Sempre nei giorni scorsi un padre di 43 anni in Valtellina ha ucciso il suo piccolo di appena sei anni e poi si è tolto la vita. Questa notizia ha avuto risalto solo nelle cronache locali, forse perché c’è poco da ricamarci sopra… Troppo spesso sentiamo tragedie simili, e alla morte violenta e macabra ci si è abituati. Solo lo sconcerto di un momento, poi si è subito pronti a voltare pagina. Possibile che nessuno si chieda dove andremo a finire se non si inverte la rotta?
Articolo di don Aldo pubblicato dal Corriere Adriatico il 5 giugno 2016.